Julio Velasco è pronto ancora una volta a lasciare il segno: grande attesa per il pranzo amarcord del 29 settembre 2024 nelle Marche. Velasco sarà a tavola con ex dirigenti, staff e giocatori del suo primo club italiano (Volley Jesi, stagioni serie A2 1983-84 e 1984-85). Del suo primo anno italiano abbiamo parlato, con tutta onestà, più di qualunque altro, andando a fondo con documentazioni inedite e ingiallite. Sono passati ben 41 anni da quel debutto incredibile (datato 15 ottobre 1983): Jesi, da matricola, spazza via Catania per 3-0 nel caldo parquet siciliano.
Veramente indimenticabili e commoventi gli aneddoti relativi ai quei due campionati di Serie A2, al timone del Volley Jesi, al fianco dei vice-allenatori jesini Alberto Santoni e Paolo Giardinieri. Il grande Direttore Sportivo della pallavolo jesina, presieduta dall’indimenticato Sandrino Casoni (“Una grande persona, di qualità umane e intellettuali“, ci ha detto Velasco di recente), era – udite udite – Beppe Cormio, attuale dirigente Lube Civitanova.
In quegli anni è davvero successo di tutto. Vogliamo riportare giusto qualche aneddoto, come ci hanno confermato più volte anche personaggi storici della grande pallavolo jesina, in primis la moglie dell’allora patron Casoni Anna Virginia Vincenzoni, autentica ‘evergreen’. Dal dimenticare per strada uno dei giocatori più importanti a Jesi, partendo per Roma, lasciandolo a casa e trovarlo lì, come un ‘matto’, a correre e rimontare il pullman sulla strada statale 16 all’altezza di Moie/Maiolati Spontini. Tutto ciò facendo segno con la mano ‘io sono qui in macchina’. Era Carlos ‘Buby’ Wagenpfeil; Velasco e staff lo avevano dimenticato a Jesi.
“VELASCO ALLA GUIDA? NON UN GRANDE CAMPIONE COME IN CAMPO…”
Altro aneddoto straordinario, che vogliamo riportare, è quello legato al Velasco in auto. Ce lo ha confermato anche Beppe Cormio (Lube Civitanova), di recente, ai nostri microfoni. “Riusciva ad esprimersi davvero benissimo sul parquet, molto meno nel guidare la macchina. Ora per fortuna, direi, è migliorato alla guida. In quel periodo dell’indimenticabile volley jesino riuscì perfino a demolire un’auto della società, nell’area di Fabriano, mentre si stava recando a Roma da un suo conoscente. Oppure ricordo con molto piacere l’episodio vissuto con lui alla vigilia del Campionato Mondiale Juniores che si svolgeva in Francia. Dovevamo viaggiare e guidare per ben quattordici ore consecutive. I patti erano chiari ossia dovevamo darci il cambio alla guida. E invece Julio cosa fece? Si svegliò direttamente in Francia, per me naturalmente fu tutta una tirata.
JULIO VELASCO A CATANIA NEL PERIODO PIU’ DIFFICILE: LA BOMBA DISTRUSSE L’UPIM
Ma ci sono tanti bei ricordi anche legati alla 1^ trasferta in campionato a Catania (Serie A2) nell’ottobre 1983 (15 ottobre per l’esattezza). Jesi sconfisse per 3 a 0 una società scudettata. “E’ forse uno degli episodi più belli – ci ha confessato Cormio – Arrivammo, dopo un lungo e intenso viaggio in pullman, fino a Roma e da Roma a Catania in aereo. Quando arrivammo in Sicilia, Catania stava vivendo un periodo davvero molto complicato sotto vari aspetti, tra attentati e malavita di stampo mafioso che stava facendo da padrona.
Velasco, che era arrivato da meno di un mese nel nostro paese (dall’Argentina), aveva il sogno di visitare il Bel Paese e anche la regione siciliana. Arrivati lì, infatti, Julio sapeva molto meglio del sottoscritto quali erano i quartieri più belli della città, le zone più curiose e interessanti da poter visitare… Arrivammo alle 20, alle 21 mangiammo un boccone. E alle 22 circa Julio decise all’improvviso che voleva uscire. A questo punto il portiere dell’albergo ci dice che non potevamo uscire.
Ci disse: questa è via Etnea (al centro di Catania), appena entrate nei vicoli di Catania vecchia rischiate la pelle, in particolar modo di notte… Velasco non ne volle sapere e disse subito: io magari sto un anno in Italia e poi torno per sempre in Argentina. Voglio vedere tutto! Io personalmente lo accompagnai con fare un po’ sospetto, con qualche perplessità onestamente. Ci aggirammo in questi vicoli siciliani e alla fine fortunatamente filò tutto liscio. Ricordo che uscimmo senza soldi e anche senza orologio al polso. Ma era veramente un periodo difficile lì a Catania. Aggiungo che, neanche 30 giorni dopo, precisamente davanti a quell’hotel che si chiamava Hotel Etna in via etnea e di fronte aveva l’Upim, scoppiò una vera e propria bomba che distrusse proprio l’Upim, con danni alle persone direi non indifferenti.